Coronavirus, vola il prezzo del grano con gli assalti ai market
Il prezzo del grano ha fatto registrare alla borsa merci di Chicago un balzo record del 7,4% nella chiusura di settimana, in piu’ grande incremento da maggio 2019, per le effetto dell’aumento nella domanda mondiale di pasta e pane a seguito dell’emergenza Coronavirus. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base delle quotazioni al mercato future del Chicago Board of Trade, punto di riferimento del commercio mondiale delle materie prime agricole. Gli effetti della pandemia – sottolinea la Coldiretti – si trasferiscono dunque dai mercati finanziari a quelli dei metalli preziosi come l’oro fino alle produzioni agricole la cui disponibilità è diventata strategica con le difficoltà nei trasporti e la chiusura delle frontiere ma anche per la corsa dei cittadini in tutto il mondo ad accaparrare beni alimentari di base dagli scaffali di discount e supermercati.
L’aumento delle quotazioni del grano, che è il prodotto piu’ rappresentativo dell’alimentazione nei Paesi occidentali, è – sottolinea la Coldiretti – solo la punta dell’iceberg dell’andamento in atto sul mercato di cibi e bevande a livello globale come dimostra il fatto che anche in Asia i prezzi del riso in Thailandia sono saliti al valore massimo dall’agosto 2013.
Una tendenza che è confermata anche in Italia dove si è registrato nell’ultima settimana un aumento del 65% degli acquisti di pasta del 185% degli acquisti di farina che sono quindi praticamente triplicati con il boom di pane, pasta e dolci fatti in casa per le famiglie italiane costrette a rimanere tra le mura domestiche, secondo una analisi ella Coldiretti su dati Nielsen. In Italia Le quotazioni alla granaria di Milano – rileva la Coldiretti – sono in leggero aumento per il grano tenero per il pane, comunque inferiori allo scorso anno, mentre segnali positivi si registrano in alcuni mercati per quello duro per la pasta.
“L’aumento delle quotazioni del grano alla borsa di Chicago conferma che l’allarme globale provocato dal Coronavirus ha fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico rappresentato dal cibo e dalle necessarie garanzie di qualità e sicurezza” afferma il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che in uno scenario di questo tipo “l’Italia, che è il Paese con più controlli e maggiore sostenibilità, ne potrà trarre certamente beneficio ma occorre invertire la tendenza del passato a sottovalutare il potenziale agricolo nazionale”. Ci sono le condizioni per rispondere alle domanda dei consumatori ed investire sull’agricoltura nazionale che è in grado di offrire produzione di qualità realizzando rapporti di filiera virtuosi con accordi che – precisa Prandini – valorizzino i primati del Made in Italy e garantiscano la sostenibilità della produzione in Italia con impegni pluriennali e il riconoscimento di un prezzo di acquisto “equo”, basato sugli effettivi costi sostenuti.
Oggi in Italia gli agricoltori devono vendere ben 5 chili di grano tenero per potersi pagare un caffè e per questo nell’ultimo decennio – sottolinea la Coldiretti – è scomparso un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati ed effetti dirompenti sull’economia, sull’occupazione e sull’ambiente.
Il grano resta tuttavia – precisa la Coldiretti – la coltivazione più diffusa in Italia con circa trecentomila agricoltori impegnati secondo una stima ella Coldiretti che sottolinea come la produzione potrebbe notevolmente aumentare per puntare anche all’autosufficienza con una adeguata remunerazione della produzione nelle aree interne dove sarebbe importante per combattere lo spopolamento ed il degrado ambientale.
L’Italia è prima in Europa e seconda nel mondo nella produzione di grano duro destinato alla pasta con una stima di 1,2 milioni di ettari seminati nel 2020 in aumento dello 0,5% con una produzione attorno ai 4,1 miliardi di chili ma forte è l’importazione dall’estero (pari a circa 30% del fabbisogno) con ben 793 milioni di chili in aumento del 260% arrivati dopo l’accordo CETA dal Canada dove non si rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale vigenti nel nostro Paese a partire dall’utilizzo dell’erbicida glifosato in preraccolta, secondo modalità vietate sul territorio nazionale dove la maturazione avviene grazie al sole. Il raccolto di grano duro è più che sufficiente per garantire la pasta agli italiani, ma che viene integrato con le importazioni, visto che la metà della pasta prodotta è destinata all’export, ora in difficoltà per l’emergenza Coronavirus. Le previsioni di semina del grano tenero per2020 – conclude la Coldiretti – sono invece di 536.000 ettari circa rispetto ai 530.000 del 2019 con una produzione 2,73 miliardi di chili con le importazioni che arrivano in questo caso al 70% del fabbisogno totale.