Rally: Paolo Andreucci si racconta ad Amore Night Club
Paolo Andreucci, 11 volte campione italiano rally, è stato ospite della trasmissione Amore Night Club in onda su Radio Amore Messina. Una lunga chiacchierata sulla sua carriera e sulla passione per il rally, con uno sguardo al futuro.
Andreucci e la sua compagna Anna Andreussi, non saranno al via del CIR 2019, ma la coppia sarà impegnata in nuove avventure sulle strade italiane e non solo e proseguirà l’esperienza con Peugeot dove si occuperanno di trasmettere la loro espereinza ai giovani.
L’intervista con Paolo Andreucci inizia ascoltando “Ogni volta” di Vasco Rossi, cantante amato dall’11 volte campione italiano rally. “Di Vasco – ha detto – mi sono gustato qualche concerto e lo ascolto da quando avevo 13 anni. Quando andavo sulle piste da sci c’erano degli emiliani che mi facevano ascoltare le sue canzoni, quaindi posso dire che è un cantante con sui sono cresciuto”.
Dallo sci, Andreucci è passato al rally, puntando sempre sulla velocità. “Ho fatto gare di sci con mio fratello ed è stato molto formativo a livello di testa e di fisico perchè è uno sport duro e bisognava fare molti sacrifici. Ma anche nella scelta di Anna come navigatrice è stato fondamentale perchè quando ho saputo che faceva gare di sci è stato determinante perchè quello è uno sport che forma il carattere. E credo di averci preso”.
Dallo scia al rally, li hai contrato Anna, diventata tua compagna in auto e nella vita. Tutte scelte indovinate.
“Non è mai facile, ma l’esperienza ti aiuta. Ci sono stati anche momenti negativi, magari non dettati da scelte mie ma da fattori esterni e su quelli ci puoi fare ben poco. Ma degli errori li ho fatti anche io, ma di quello che poi è accaduto sono contento di aver fatto questo sport, ormai da trent’anni, e che continuerò a fare. Anche se non farò il Cir, farò altre gare perchè ancora il rally mi appassiona. Il Cir è un ambiente nervoso, un po’ troppo morboso e non è sempre stato bello. Alla fine la possibilità di fare gare che ci piacciono e che sono scelte da noi è piacevole e stimolante.
Puoi anticiparci i vostri progetti?
L’idea è quella di fare belle gare, ci sono gare su terra in Italia molto affascinanti, attraenti dal punto di vista della guida e dello spettacolo. Se riesciuamo a trovare il budget giusto faremo anche qualche uscita mondiale, ma non è facile fare gare così costose e quindi è tutto ancora da vedere. Ma resteremo nel mondo del rally. Faremo anche altre attività per Peougeot con la scuola rallysti. E’ una cosa che mi piace, che mi viene da quando ero maestro di sci, ed ho dentro la voglia di trasmettere ai giovani la competizione ed insegnarli come tirare fuori il massimo da ogni singolo. Perchè sicuramente è bello vincere, ma non è tutto ciò che conta, perchè è più importante esprimersi al massimo in quanto vuol dire comuqnue ottenere un grande risultato.
Ci sono giovani in grado di emergere nel panorama rallistico italiano?
Quello che abbiamo sbagliato in Italia negli ultimi anni a livello rallystico è stato il voler cercare a tutti i costi il campione del mondo nel giro di due anni. Se un giovane non andava, si cambiava e via con un altro. Ad esempio, in Finlandia, si raggiona in maniera diversa. Lì già all’età di 8 anni possono iniziare ad allenarsi e fare esperienza. Quando un diciottenne finlandese arriva nel campionato mondiale, lo devi paragonare ad un 22enne in Italia per l’esperienza che hanno già maturato. In Italia purtroppo si è commesso l’errore di lanciarli direttamente i giovani nel campionato mondiale nella speranza che migliorino. E questo è un errore. Ritengo che la strada giusta sia quella di far fare esperienza ai giovani, ad esempio, nel campionato italiano e poi, quando si è maturati, mandarli al Mondiale. E poi sono convinto che sia opportuno metabolizzare l’idea del coach che in Italia non esiste per come dovrebbe essere. Qui da noi c’è l’idea che siccome la macchina la guidano tutti chiunque può darti indicazioni, ma anche la mia mamma ha la patente. Il Rally è uno sport difficile, molto più di quello che si pensa. E, ad ogni livello, c’è bisogno che ci sia qualcuno che sappia le cose da dirti. Non è che perchè un pilota abbia fatto delle corse o vinto qualche gara può diventare un maestro. Ad esempio nel calcio esistono i vari livelli, c’è chi allena la Serie A e chi lo fa a livello amatoriale. C’è un motivo se è così. Nel rally dovrebbe essere lo stesso. Ma purtroppo da noi c’è troppa confusione che non permette di creare il giusto meccanismo per trasmettere l’esperienza.
In Italia ci sono diversi giovani che hanno talento. Bisogna avere maggiore pazienza nel consentirgli di crescere e maturare. Da noi il percorso solitamente inizia a 18 anni, quindi bisogna riuscire ad avere la pazienza di puntare su ragazzi di 22 anni e dargli il giusto tempo di fare esperienza. Non si arriva alla vittoria se si ha fretta e se non si effettua il giusto percorso.
Come ti vedi tra dieci anni?
Guidare mi da sempre tanta soddisfazione ed è per questo che non smetto. Quest’anno non farò il Cir perchè ci sono cose che non mi piacciono, non mi ritrovo più e l’ambiente non mi entusiasma. Per adesso ho tanti progetti da portare avanti anche con Peugeout. Sicuramente finchè mi divertirò continuerò a correre, poi quando non sarà più così smetterò, ma rimarrò sempre nel mondo dei rally, perchè anche se non sarò più alla guida le soddisfazioni personali possono arrivare anche trasmettendo ai giovani la propria esperienza.
Correndo hai avuto modo di girare molto, ma quale è il tuo piatto preferito.
“Vado a regione, ma pensando alla Sicilia, mi viene da pensare agli spaghetti con le sarde. Poi io sono uno che mangia tanto”.
E, l’intervista, si chiude ascoltando ancora Vasco Rossi, questa volta, Paolo ha scelto “Albachiara” perchè è un brano che, come nei concerti del rocker di Zocca, non è mai un addio, ma rappresenta sempre un arrivederci. E Paolo ed Anna sono pronti ancora a sorprendere.