Chiese aperte per funzioni religiose, ma senza la partecipazione dei fedeli
Le misure per il contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid- 19 comportano la limitazione di diversi diritti costituzionali, compreso l’esercizio delle attività di culto, ma non prevedono la chiusura delle chiese, né vietano le celebrazioni religiose. Tuttavia, le cerimonie devono svolgersi con la presenza dei soli celebranti e degli accoliti necessari per il rito, senza la partecipazione dei fedeli, proprio per impedire raggruppamenti che potrebbero diventare potenziali occasioni di contagio.
Tali chiarimenti vengono forniti alle autorità ecclesiastiche con una una nota del dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione.
Per limitare gli spostamenti dalla propria abitazione, è necessario che l’accesso alla chiesa avvenga solo in occasione di spostamenti determinati da “comprovate esigenze lavorative”, o per “situazioni di necessità”, che la chiesa sia situata lungo il percorso e che, in caso di controllo da parte delle Forze di polizia, possa esibirsi la prescritta autocertificazione o rendere dichiarazione in ordine alla sussistenza di tali specifici motivi.
Per quanto riguarda i riti della Settimana Santa, si specifica, la presenza di persone deve intendersi limitata ai celebranti, al diacono, al lettore, all’organista, al cantore e agli operatori per la trasmissione. I partecipanti alle celebrazioni, se sottoposti a controllo da parte delle Forze di polizia, potranno esibire l’autocertificazione in cui dichiarano nella causale “comprovate esigenze lavorative”. Sebbene il servizio liturgico non sia direttamente assimilabile a un rapporto di impiego, tale giustificazione è ritenuta valida e non saranno applicate sanzioni per il mancato rispetto delle disposizioni in materia di contenimento Covid-19.
Le stesse considerazioni valgono per i matrimoni che non sono vietati in sè, ma potranno svolgersi alla sola presenza del celebrante, dei nubendi e dei testimoni, rispettando le prescrizioni sulle distanze tra i partecipanti.